MusicationalPerchè le note si chiamano così?

Gennaio 17, 2020by Prico Musica
Ut_queant_laxis_Gregorian_notation_Benedictine_tradition

di Prico

Vi siete mai chiesti da dove vengono fuori i nomi delle note? È una storia affascinante. Come nelle grandi storie, ci sono molti attori, colpi di scena ed un solo protagonista: La Musica.

L’evoluzione della nomenclatura musicale affonda le sue radici nel passato, parliamo di millenni e quindi è difficile stabilire date e circostanze precise, ma possiamo ragionevolmente asserire che nell’antichità la musica era trasmessa oralmente.
A partire dal VI secolo d.c. circa, venivano apposti dei segni sui versi da cantare che servivano a ricordare al maestro del coro l’andamento della melodia. Questa notazione è detta neumatica. Non dobbiamo dimenticare che in questa fase della storia, la musica era utilizzata quasi esclusivamente per le funzioni religiose ed era a carattere prettamente vocale. I pueri cantores (i giovani avviati alla pratica musicale) seguivano un percorso molto lungo (circa 10 anni) di formazione sia musicale che di memoria (il repertorio infatti doveva essere imparato e ricordato).
Il direttore del coro, unico ad avere il testo scritto con sopra i neumi, indicava ai cantori con un gesto della mano l’andamento della linea melodica.

esempio scrittura Neumatica – fonte c.c. wikipedia

Successivamente intorno al XI secolo, Oddone da Cluny utilizzò le lettere dell’alfabeto per identificare le note (si rifece al modo di chiamare le note in uso nell’antica Grecia) dalla A alla G.
Quindi il Do si chiamava A? No!
Nella corrispondenza con il nome attuale bisogna infatti partire dalla nota LA. Pare fosse la nota più grave che riuscivano ad intonare i cantori. La cosa curiosa è che ancora oggi questa modalità di scrittura è in uso nei paesi anglosassoni. Nel sistema formulato da Oddone quindi, le note erano indicate con le lettere dell’alfabeto: prima ottava-Maiuscole, seconda ottava – minuscole, terza ottava – doppie minuscole.

L’avvento dei nomi delle note che conosciamo oggi si ha intorno all’anno 1000, ad opera di uno dei più grandi musicisti che si siano affacciati alla storia della musica: Guido d’Arezzo. Partendo da un inno scritto da Paolo diacono e dedicato a S. Giovanni Battista, protettore dei cantori, Guido notò che la prima sillaba di ogni verso era posta su una nota di grado ascendente. Questa successione di note formava una scala esacordale (sei note) che servì come base per identificare le note.

La strofa in questione recitava così:

Ut queant laxis
Resonare fibris
Mira gestorum
Famuli tuorum
Solve polluti
Labii reatum
Sancte Johannes

Trad. “affinché i tuoi servi possano cantare con voci libere le meraviglie delle tue azioni, cancella o santo Giovanni, dalle loro labbra ogni peccato”

        

fonte image wikipedia c.c.                                               corrispettivo in notazione moderna

 

Quindi: UT RE MI FA SOL LA (Il SI, come si evince, è tratto dalle iniziali del Santo e fu aggiunto successivamente)
E il DO? Fu introdotto in sostituzione dell’Ut considerato poco funzionale. Le fonti non sono unanimi, secondo alcuni fu sostituito dall’intellettuale Doni, ma è più probabile che provenga da Dominus (Signore).*

È affascinante pensare che ogni volta che pronunciamo i nomi delle note, in realtà stiamo citando un inno latino di quasi 1000 anni fa.

 

 

NOTA
Nel trattare l’argomento per ovvi motivi di lettura, abbiamo semplificato secoli di evoluzione musicale, e ci siamo limitati ai momenti salienti di questo percorso che ha coinvolto decine di intelligenze musicali nel corso della storia.

 

Puoi ascoltare l’inno a S.Giovanni qui https://www.youtube.com/watch?v=9fMppPLocmo

 

*Tratto da “DIARIO DI UN MUSICISTA” di Fabio Micera Collana MUSICATIONAL

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